sabato 10 maggio 2008

OUZO E IO

Ricordo un episodio che a posteriori ci fa sorridere, ma che sul momento ci procurò viva preoccupazione.
Abitiamo al terzo piano di una palazzina e usufruiamo di un balcone piuttosto ampio che Ira scelse come uno dei suoi posti preferiti. A quel tempo il cortile condominiale era pressoché privo di gatti; a malapena se ne scorgeva uno di passaggio nelle prime ore pomeridiane dei mesi più caldi.
Un giorno, però, un condomino decise di adottarne uno a distanza, nel senso che non lo prese in casa con sé, ma cominciò a depositare i rifiuti del suo pranzo in un angolo del cortile affinché il felino ne usufruisse.
Ira era con noi da circa due settimane; cresceva bella più del sole, e tanto pasciuta da non crearci preoccupazioni circa l’inferriata, le cui sbarre erano distanti l’una dall’altra poco più di una spanna.
Era una notte d’estate. L’aria tersa di periferia consentiva di ammirare
un affresco di stelle di straordinaria bellezza.
Ira alzava il capo verso il cielo e guardava la luna cercando di modulare il preistorico ululato dei suoi avi. Dopo vari tentativi venne fuori un uuh –uuh che pareva il verso di una civetta più che l’orgoglioso richiamo del lupo. Le feci una carezza sul capo biondo e lei agitò riconoscente la coda.
Ad un tratto, mentre era lì felice e scodinzolante, le vidi sollevarsi il pelo, scoprire i denti e lanciarsi contro l’inferriata con tanta velocità da non poterla assolutamente fermare.
Un gatto pezzato, grosso quanto un vitello, col pelo irto, soffiava come un serpente in direzione del mio cucciolo che, incastrato tra le stecche di ferro, penzolava nel vuoto con metà del suo corpicino.
Non fu semplice liberare il mio cane da quell’assurda posizione, nel timore che le sue tenere costole potessero riportare qualche frattura. Ira, invece, per nulla spaventata, ringhiava con la sua voce da bambina e tentava di liberarsi per saltare addosso al nemico. Imperterrito il gatto continuava a puntarla strisciando per terra la coda. Una provvidenziale secchiata d’acqua, lanciata dai piani superiori investì il felino e un miagolio di terrore ne preannunciò la fuga.
Sollevai lo sguardo e con meraviglia scorsi la signora Garofalo ancora lì, sul balcone, affacciata col secchio tra le mani. Mi guardava anche lei. La sua voce stridula riempì il silenzio: a quest’ora si dorme!- e sbatté le porte della finestra rientrando nelle sue stanze.
Quello è stato l’atto più dolce che Adele abbia mai compiuto nei confronti dei miei cani.

Tratto da Ouzo e Io di Natalino lattanzi

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ecco uno dei talenti non scoperti dal panorama letterario italiano. La tua scrittura è sagace, densa di lampi di genio e quel pizzico di ciò che Verdone definisce "malincomicità" che contribuisce a rendere i tuoi racconti particolarmente "appetitosi"!
Continua così e... che belle le foto di Ouzo cucciolo. Era semplicemente divino. ^^
Paola M.

Anonimo ha detto...

Paola M. ha ragione. Io, Natalino, la conosco da quando ha pubblicato "sorrisi a quelle parole". le dico che secondo me con quel romanzo ha superato sè stesso. io la preferisco nostalgico e visionario piuttosto che umoristico, anche se certi pezzi del romanzo sulla scuola riconsco che mi hanno stupito. lei natalino è speciale, un talento non scoperto come dice paolam., ma non tanto perchè qui a bari almeno la conosciamo in tanti. faccia un po di publicità a questo blog, perchè e difficile arrivarci, io ci sono arrivato per caso. continua così, veramente...