martedì 13 aprile 2010

LE COSE

Mamma, ho le mie cose!
Premurosa, mia madre accarezzò la guancia di mia sorella e le disse: Andiamo in bagno, non ti preoccupare.
Si chiusero in bagno per circa mezz’ora.
Quando vennero fuori, mia madre aveva gli occhi lucidi, mia sorella gli occhi raggianti.
Uscirono insieme nel pomeriggio. Al ritorno mia sorella aveva due splendidi orecchini che le pendevano dai lobi e mia madre un pacco della farmacia che subito chiuse nel contenitore che abbiamo in bagno, quello dove conserviamo lamette per calli, forbicine per le unghie dei piedi saponette ancora incartate, cotone idrofilo etc etc.
Conviene avere le cose-pensai, ma cosa sono le cose?
Li volevo da tanto- disse mia sorella mostrandoci fiera i due svaroski che luccicavano come stelle comete.
Anche io volevo la bandoliera con due pistole, ma manco per idea!
Se avessi le mie cose!-mi detti una spalmata sulla fronte
Non appena il bagno fu libero, lo occupai e mi chiusi a chiave.
Ecco lì il pacco! Tolsi dalla busta di plastica un affare quadrato, morbido e colorato. Sopra vi era scritto Lines seta con le ali. Pigiai su:un piccolo sbuffo d’aria.
Con le ali-dissi fra me- cosa può essere, forse una gabbietta. Ma no- mi risposi- a che servirebbe una gabbietta! Eppure se le cose si vedono in bagno si possono averle solo in due posti, o avanti o dietro. In bocca non credo, le avrei viste!
Cacchio- mi grattai la pera- ma cosa sono le cose?
Il dubbio mi attanagliò tutta la giornata. Mi sentivo fregato.
Vuoi vedere che io le ho già avute le mie cose e non me ne sono accorto?
Dev’essere proprio così- si accese una lampadina nel mio cervello- Cocca è più piccola di me! Oppure sono ritardatario ed è arrivata prima lei?
Abbassai i pantaloni e mi dissi: o da dietro o d’avanti, vediamo un po’
Scartai subito il dietro: dove cacchio possono essere le cose, sarà d’avanti.
Guardai il mio pisellino: no, ce l’ho da sempre!
O forse era proprio lui e io che ero abituato a vederlo non ci avevo mai fatto caso.
Ma perché bisogna fasciarlo con qualcosa con le ali. Diventerebbe forse così un uccellino a cui aggiungere poi le ali? Ma non pigola, non si muove!…
Uscii dal bagno sbattendo la porta.
Verso sera non gliela feci più.
Lello, lo sai che Cocca ha le sue cose?
E’ normale- mi rispose laconico.
E io che volevo saperne di più, porca vacca!
Come il solito, noi fratelli, una banda di sei, ci fermammo sul tardi a confabulare tra noi, nonostante le minacce dei nostri genitori che ci invitavano ad andare a letto perché domani si va a scuola.
Lello e Nino, i più grandi, parlavano di calcio e quanto fosse bravo Cicogna, l’ala sinistra del Bari a far impazzire i terzini delle squadre avversarie e De Robertis, l’ala destra, detto “Fa Fueq’, che scartava anche se stesso e sbagliava goal fatti.
Pupa e Cocca, le mie sorelle, parlottavano sottovoce e Pupa suggeriva alcuni consigli all’altra.
Io volevo ascoltare cosa si dicesser, ma ero con Enzo, che quell’anno avrebbe dovuto cominciare a frequentare la Prima Elementare.
Ero preoccupato per lui perché, sotto la mia tutela, aveva imparato a imprecare come uno scaricatore di porto.
Mi raccomando – gli dicevo- non ti far sfuggire neppure una delle parole che ti ho insegnato, devono restare un segreto tra noi.
Zuzù, altrimenti Enzo, annuiva con aria assente, e sfogliava un fumetto di Tex, quando l’eroe esclamava peste e corna!
Manco questo posso dire?- mi chiedeva.
Io nicchiavo, tanto peste e corna glielo aveva insegnato Tex, erano fanculo e simili che non doveva dire.
Poi Zuzù si addormentò sul divano e io rimasi da solo a chiacchierare con la mia coscienza che ripeteva: cacchio fai,te ne stai così e non sai ancora cosa sono le sue cose, le tue cose?
Mio padre, in vestaglia, venne in soggiorno: Ancora in piedi? Presto, tutti a letto!
Pupa e Cocca furono le prime a obbedire; Lello e Nino, siccome dormivano nella stessa stanza si avviarono ancora chiacchierando o litigando, per il tono di voce che spesso si alzava.
Io avevo il compito di badare a Enzo;gli feci un solletico da matti, lo svegliai e lo trascinai verso lo stanzone dove dormivamo con Zia Nella, sorella di mio padre, Pupa e Cocca.
Loro erano già sotto le coperte quando arrivammo: Cocca era ancora eccitata della nuova condizione delle cose e non dormiva, Pupa la esortava, invece, a non pensarci più e a lasciarsi andare nelle braccia di Morfeo.
Approfittai della situazione.
Belli gli orecchini che hai avuto!
Che, li vuoi anche tu?
No, io voglio la bandoliera con le pistole.
Chissà quando!
Quando avrò anche io le mie cose, se non le ho già avute!
Come- si stupì mia sorella- non le hai già avute?
E no, e poi che ne so, forse le ho avute e non ho fatto come te che l’hai detto a tutti.
Ma lo dovevo dire, se no come facevo ad avere gli orecchini?
Sì-annuii tutto compreso- Lello mi ha detto che è una cosa normale. Ma il guaio è che siccome è normale io penso di non essermene accorto e non ho avuto la bandoliera- conclusi dispiaciuto.
Senti- m’interruppe Cocca- fai come ho fatto io. Domani chiama mamma in bagno…poi ti dirà lei se hai avuto le tue cose.
E, magari, che almeno mi danno la bandoliera!
L’indomani, di primo mattino, dissi a mia madre che pensavo di aver avuto già da tempo le mie cose.
Mia madre sorrise: dai, non è possibile!
E’ perché non mi volete dare la bandoliera-piagnucolai.
Che c’entra la bandoliera, quella l’hai chiesta alla Befana. Vedrai che te la porterà.
Ma ci vuole quasi un anno!
Aspetterai.
Ma se ho le mie cose, vero che me la compri?
Mia madre rise divertita, poi per accontentarmi disse:va bene, andiamo in bagno.
Sorrisi anch’io contento. Grazie, mamma.
La porta dl bagno si schiuse cigolando. L’ho detto a papà che ci vuole un po’ d’olio.
Anche ieri cigolava?
Sì, anche ieri-sospirò mia madre.
Il giro di chiave mi rassicurò: beh, ora che devo fare?
Lo chiedi a me, tu dici che hai le tue cose?
Sì, mamma, ma che sono le cose?
Ah, non lo sai?
E sì che non lo so, ma penso di averle. Se ce le ha Cocca che è più piccola di me!
Ma Cocca è una signorina.
E io sono un signorino. Mi abbasso i pantaloni e poi mi dici se ce le ho le cose.
Mia madre, paziente, aspettò che terminassi l’operazione, poi mi guardò: bene, tutto a posto.
Allora?
Ho detto tutto a posto.
Vuol dire che ho le mie cose.
Sì- rise mia madre- ce le hai tutte le tue cose.
Allora usciamo nel pomeriggio.
Va bene- si rassegnò
Tutto felice andai da mio fratello Lello e gli dissi che anche io avevo le mie cose.
Lui non si scompose, mi fissò un attimo negli occhi e sentenziò: Non è normale.
Nel pomeriggio ebbi la bandoliera con le pistole; ma cosa fossero le cose lo scoprii solo alcuni anni dopo.