domenica 29 giugno 2008

Lo scrutinio della Terza D

Lo scrutinio della Terza D
Iolanda, l’ausiliaria addetta alla portineria, mi bloccò non appena varcai l’uscio della scuola.
Tenga, prof, – disse porgendomi un foglio- questo è il calendario degli scrutini delle classi intermedie.
La ringraziai e feci per riporre il foglio in borsa.
Guardi, prof,- mi stoppò l’ausiliaria- i consigli sono oggi.
Non è possibile- sbottai- senza preavviso non è possibile!
E’ possibile- mi disse lei con un sorriso sadico- è possibile.
Ma non é possibile-ripetei quasi a me stesso. Ora mi sente.
Si, prof, fa bene, ma vada, perché lo scrutinio è già cominciato.
Comeee?
E’ già cominciato, prof, ora proprio è finito quello della seconda.
Penso sia chiaro a tutti quanto io sia disponibile, premuroso, rispettoso delle regole e dell’autorità superiore. Ragion per cui, incazzato a ciuccio mi scaraventai nell’aula magna per dialogare con il mio preside.
Preside,- lo aggredii non appena i miei bulbi oculari focalizzarono la sua figura- ma come cazzo le è venuto in mente di cominciare gli scrutini, così, ex abrupto, senza che non uno di noi ne sapesse qualcosa.
Professore- mi rispose lui serafico- la convocazione risale a una settimana fa. E’ lei che non s’informa.
Aveva ragione: l’aula brulicava di colleghi armati di registri e tabelloni.
Sacramentai riproponendomi di arrembare Iolanda non appena l’avessi a tiro.
Iolanda è dotata di tante buone qualità, al punto che tutto l’androceo del Benpensante la sogna di notte, mentre di giorno aspira a metterle le mani addosso. E’ una ragazzona fornita di tanto ben di Dio che manco sulle riviste di Playbloy ne trovi una eguale. Consapevole dell’ascendente di cui gode, svolge i suoi compiti con non chalance, permettendosi spesso di dimenticare di consegnarci gli ordini di servizio inviati dalla segreteria.
Noi, dal canto nostro, siamo disponibili a perdonarla grazie alla sua generosa natura.
Con uno scatto di reni feci un dietrofront velocissimo e mi avviai verso la portineria. Porfido, il preside,mi richiamò all’ordine: professore, ora tocca alla Terza D.
Frenai, rassegnato, e mi assisi nel banco più vicino all’uscita.
Porfido ha una duplice natura: timoroso sino all’inverosimile per ciò che attiene alla sua sicurezza fisica, ipocrita e lezioso per accattivarsi non la simpatia, bensì la pietà, la commiserazione del corpo docente e la benevolenza degli alunni, spavaldo, autorevole e sicuro durante gli scrutini. E’ lì che diviene il mattatore incontrastato, è lì che riemerge la sua prima essenza, la stessa con cui pensava di “spaccare le reni” a noi del Benpensante.
Non avevo la più pallida idea di cosa fare di quegli scapocchioni della terza D. E’ una classe mista, nel senso che gli alunni, maschi e femmine, sono veri figli di buona donna, dei veri bastardi, la cui unica ambizione è tuffarsi nel dolce non far nulla o sollazzarsi con giochetti parasessuali.
Noi, poi, quelli del Benpensante, arcistufi del lassismo in cui è caduta l’Istituzione, fiaccati dai miseri stipendi, assuefatti, ormai, alla commiserazione di cui siamo oggetto, al complesso d’inferiorità che avvertiamo nei confronti della società intera, noi, ripeto, come i docenti di tutt’Italia, combattiamo le nostre battaglie con scarso entusiasmo, lasciando che la grande mano del Ministero della Pubblica Istruzione consapevolmente affossi sempre più la cultura emanando leggi e decreti che spingono alla promozione in massa, senza alcun rispetto per il merito.
Sfogliai il mio registro intonso sperando di trovare qualche traccia dei miei trascorsi con la terza D. Niente, niente altro che qualche briciola dei sandwiches che per vivacizzare le sonnacchiose ore di lezione sottraevo con bieco sadismo ai miei alunni.
Me ne infischiai e, come il solito, mi affidai alle mie innate capacità inventive; così mi misi in attesa che gli altri componenti del C.d.C. della terza D raggiungessero l’aula magna.
Porfido, invece,si spazientì.
Terza D! Il consiglio di classe della terza D subito in aula magna!- urlò rivolgendosi alla vicaria- Ofelia, dove sono i docenti?
Sono già in aula, preside, manca solo uno.
Chi Orsobruni?
No, Orsobruni non c’entra… manca Penna.
A chi manca la penna? Diavolo, docenti senza penna …!
Che ha capito preside? Manca il prof Penna.
E dov’è?
Preside, è in corridoio… sta fumando una sigaretta!
Dica a Penna che non rompesse la scatole! E’ da stamattina che sono qui! E diamine, ci vuole un po’ di rispetto!.
Preside, sono qui… pensavo ci volesse più tempo…
Ha messo i voti?
Si, sono sul tabellone.
E questi sono voti secondo lei? Tutti due, tre, quando si è sbracato ha messo quattro.
Preside, quelli sono i voti del prof Leone
Leone, pure lei? Quoque tu avrebbe detto qualcuno qualche tempo fa!
Preside, ma so’ ciucci!
Beh, mo vediamo…
Lattarulo, lei quel n.c. me lo porta a otto?
Ma… veramente… otto, ma a chi?
Come a chi? Stiamo facendo lo scrutinio della terza? Ad Arcolaio… è il primo in elenco!
Preside, ma Arcolaio non è mai venuto!... E’ assente dal primo giorno del secondo quadrimestre…
Non sa che le assenze non contano più? Se fosse venuto…
Ma ha n.c. in tutte le materie…
Vuol dire che gli daremo A in inglese… E’contento Bonsenno? A in disegno, va bene Penna? Ma parlate!... non è che debbo fare tutto io!
Preside, non sono d’accordo…
E quando mai lei è d’accordo, Cassandra! Non si preoccupi darà solo sei!
Comeee?...
Sei, ho detto, mica ho detto dieci! Allora, Arcolaio ammesso in quarta.
E gli altri voti?
Beh, colleghi, ora non esageriamo! Tutti sei e non un voto di più!
Preside, ma non è legale!
Prof Giudice, non ci si metta anche lei! Che vuol dare sette in Diritto? Ho capito… Giovanni correggi sul computer…
Giovanni è uno dei nostri applicati di segreteria, un uomo buono e paziente, l’unico a beccarsi del tu da Porfido senza lamentarsi.
Preside, veramente non ho capito niente… che debbo fare?
Giovanni, più svelto però! Ora ho detto che ho da fare! Vi dovete adeguare… io sto da stamattina e debbo ancora fare tutti i corsi E, F,G… Che facciamo con sto Bisolati? Questo ha tutti sei e un solo sette. Ora vi dico io. Non cominciamo ad esagerare… i sei passano a sette e il sette ad otto.
Ma…
Prof Nuncio, voleva dire qualcosa? E parli, siamo in democrazia! Non mi dica però che vuol dare otto, non è possibile…
Ma…
Non insista, io sto qui da stamattina e ho un sacco da fare… via, un po’ di rispetto per il lavoro degli altri!
Binni, ah Binni… questo è un caso grave! Che vogliamo fare, lo vogliamo bocciare?
Ma, preside…
E qui lavolevo caro prof Cozo! Mi dica lei come faccio a bocciare uno a cui ha messo nove?
Ma preside, io non…
Prof Cozo, non dica altro! Piuttosto si ricordi del Consiglio d’Istituto! Ehi, che lì non possiamo perdere tempo… lo sa che ci ho da fare!
Va beh, faccia lei!
E no! Qui non dovete dire fai tu! Io sono costretto a fare! Mi dica a che serve il cinque… o è quattro o è sei. E che volete che lo debba bocciare io Burgundi?
Burgundi ha tutti due!
Narcisi, e che sono nato ieri? Io i due li leggo cinque perché voi siete indecisi… ma il cinque non mi dice niente! Non solo!... e che debbo dire al genitore che poi viene a dirmi. “Come, mio figlio bocciato con tutti cinque?
Ma sono due!...
E brava prof Gonella! E lei vuole che io mi debba assumere la responsabilità di un suicidio? Ma lo sa che se mette due quello si getta dal balcone? Già ci ha provato sabato scorso quando si è lanciato dal cancello!
No, preside… Burgundi ha scavalcato il cancello che era chiuso per rincorrere il pallone!
Ma quello stava finendo sotto una macchina! Secondo lei non è un tentato suicidio? Ma mi faccia il piacere!... Beh, colleghi, non perdiamo tempo… andiamo avanti. Per esempio, qui vi do ragione… decidete voi e non chiedetemi di assumermi la responsabilità perché non lo faccio. Ora mi chiamo Ponzio Pilato, non Porfido..
Ponzio il Pelato è nel Server!
Ah, buona questa… il buon Ponzio che sta lavorando come un matto. A proposito di matti-continuò con allegria, visto l’andamento a lui favorevole dello scrutinio- mo vi leggo un msm che mi ha mandato un mio amico medico… che disgraziato! Allora, ci sono due matti in manicomio…
Preside, io debbo andare in associazione… mi arriva un carico di tedeschi e non so dove portarli… A proposito devo chiedere a padre Max. Posso fare una telefonata?
Il prof Saverio Cozo è presidente di un’associazione regionale di campeggiatori. Di lui si fa un gran parlare nell’istituto, un po’ per le sue attività extraprofessionali di vecchio campeggiatore e vecchio boy scout, un po’ più per il suo cognome. Sono in molti a dire che in origine indicasse una parte ben nota e intima dell’anatomia maschile e che, in epoca postmoderna, per non incorrere in facili fraintendimenti lo avesse poi cambiato in Cozo.
Saverio, lo sa che non ho tempo! Dove vuole portare gli Unni, forse alla foresta Mercadante?
Si, mo telefono a padre Max. Pronto? Non c’è campo poi riprovo!
Colleghi, che nessun altro interrompa il lavoro… ora basta! muoviamoci, un po’ di rispetto per il lavoro degli altri! a chi eravamo arrivati?
Preside, Cosma…
Si, e Damiano! Ma non dica cavolate Marinetti! Cosma e Damiano non sono in discussione per rispetto a Cozo e Lattarulo! Lo sapete tutti che per tutti loro rappresentano i Santi Medici. Sarebbe un affronto a loro bocciare i due alunni Cosma e Damiano. Mettiamo da parte il preside, mo vi parlo da sociologo! Lo sapete che danno d’immagine viene ai nostri due colleghi se bocciamo Cosma e Damiano? Sarebbero sbeffeggiati da tutti. Questi due poveretti non avrebbero più il coraggio di venire a scuola! E’ un argomento chiuso o agiamo per voto di Consiglio? Giovanni, mi raccomando, Cosma e Damiano promossi per voto di Consiglio. Forza, andiamo avanti che debbo ancora fare molto! Qui vedo Frantone…
No, preside, si è ritirato…
Lattarulo, qui non la posso aiutare! Dobbiamo dare un segnale! Questo lo bocciamo, non transigo! Giovanni, mi raccomando, Frantone non ammesso alla quarta. E no, figli miei, quando ci vuole ci vuole! E mi troverete irremovibile anche su Laricchia…
Preside, Laricchia si è trasferito alla Vinci.
Peggio di peggio! Bocciato senza remissione di peccati! Colleghi, siamo seri! Non possiamo promuovere tutti… non me ne vogliate. Guardate, per venirvi incontro chiudo un occhio su Morrone… su via lo promuoviamo all’unanimità!
E figurati se non promuovevamo Morrone!... Preside, questo è ciuccio e ineducato! Ha rotto i cessi del primo e del secondo piano, non viene mai alle interrogazioni….
Collega Leone, ed io che sto dicendo? Un atto di clemenza per far notare che anche noi abbiamo un cuore. Come diceva il mio maestro…
Va beh… andiamo avanti preside, che lei ci ha fretta!
Finalmente una persona comprensiva… lo sapete che debbo ancora scrutinare i corsi E, F. G…
Preside, ora dobbiamo decidere, per Narso, Opunzia, Quercioli e Ragno! Sa, quei quattro che stanno sempre a pomiciare…
Ha fatto bene a ricordarmelo! Qui saremo decisi!
E sì, non fanno che ragnare uno sull’altro!
Non mi dica altro… li conceremo per le feste! Li promuoviamo e li mandiamo alla Vinci!
Ma preside, non è possibile…
E’ quello che dico io! Non è possibile dividerli… sai che trauma avrebbero!... Colleghi, la sociologia non sbaglia!... ma non mi chiedete di tenerli ancora da noi…
Preside, veramente noi chiedevamo…
Ho capito tutto prof Gonella! Del resto che potere ho io di fronte ad una decisione del Consiglio? Va be’, per quest’anno li teniamo ancora… poi si vedrà.
Cose da pazzi! -sbottò- Leone
Porfido finse di non sentire e tirò avanti: forza, vediamo gli altri...
Rimangono solo Senno e Zavorra, i più bravi della classe.
Questo lo dite voi… Colleghi, voi lo sapete che di voi mi fido; ma, detto tra noi, siete troppo buoni. Io un segnale lo darei…
Preside!
Va bene, va bene, promossi. Poi non dite che sono io!

Tratto da Homosex- Si vive di solo pane di natalino Lattanzi

domenica 22 giugno 2008

L'analisi dei documenti


La commissione si riunì per l’analisi dei documenti.
Al di là delle finestre il sole spaccava le pietre.
Il presidente si assise sullo scranno dorato e con voce suadente ci invitò a produrre la documentazione relativa agli esami di maturità.
Ostentammo sicurezza e gli porgemmo la cartellina con l’uopo.
Il presidente, tale Cioccolatini, per l’anagrafe Domenico e per gli amici Minguccio, Menico, Uccio, Uccino e Cino, guardò l’incartamento, lo soppesò e con fare competente esclamò: “Ma qui non c’è un cazzo!”
Purtroppo io assolvevo alla funzione di coordinatore della classe e, quindi, a responsabile burocratico.
Seccato dall’affermazione impudente, mi avvicinai alla cattedra e con sufficienza mi impossessai della cartellina, l’aprii e… sbiancai.
Porca Eva, era pressoché vuota!
Il presidente si rallegrò del mio imbarazzo e mi chiese di produrre il documento di classe.
“Ce l’ho a casa”.
“Perché?”
“Ho scordato la borsa”.
“E le prove simulate?”.
Le prove, purtroppo, erano solo indizi: non sapevo che fine avessero fatto!
L’ultimo a correggere dei miei colleghi doveva averne provato un tale senso di smarrimento da preferire usarle come carta igienica.
Non mi persi d’animo: “Anche quelle a casa…”
“Uuhmm!…Ragazzi, nelle altre commissioni è filato tutto liscio…qui è un casino! Se mi viene un’ispezione… sapete, io debbo pararmi il culo…”
“Non c’è problema- dissi con spavalderia- in due minuti vado e torno…abito all’angolo”.
“Me li puoi dare anche lunedì, ma qui manca tutto! Se mi viene un’ispezione io debbo pararmi il c…”
“Ma ci penso io al suo culo- lo interruppi - vado e torno”.
“Ma, ti ripeto, li puoi portare anche dopodomani, ma ora non ci sono….”.
Persi la pazienza. Lo piantai in asso e mi avviai verso l’uscita.
Il sole aveva già spaccato tutte le pietre e si accingeva ad arrostirmi nella mia Astra blu notte.
Sacramentando raggiunsi la mia magione, ignorai il mio cane che mi supplicava di accompagnarlo per l’evacuazione dei suoi organi espulsivi, raggiunsi lo studio, afferrai la borsa nera griffata Prada dai marocchini, richiusi la porta d’ingresso, arrembai l’ascensore, rimisi in moto la mia peripatetica e raggiunsi in un baleno l’Istituto.
Con i gioielli fumanti per le carezze dell’astro che illumina la terra, raggiunsi il deus ex machina e gli propinai per buone le "cartaccie", come scriverebbero i miei alunni, a cui tanto teneva
Simulai di dargli le due prove simulate: abboccò.
Non appena poté riempire la cartellina gialla deputata a contenere il malloppo, il volto gli si illuminò, si lasciò andare sul trono, si rilassò e ci “rallegrò” con una vecchia barzelletta, quella del preservativo che rivolgendosi al collega gli dice sconsolato: “ Oggi non so che cazzo mettermi”.

Ci guardammo negli occhi, ne strizzammo sei o sette e, per renderlo ancor più felice, ridemmo; un po’ a singhiozzo, ma ridemmo.



tratto da Opzioni postHomosex-Si vive di solo pane di natalino lattanzi

martedì 17 giugno 2008

A mio fratello Lello

A mio fratello Lello

Mio fratello suonava l’armonica.
Era bello Lello e importante.
Lo ricordo nell’abito grigio, con le scarpe impomatate, la camicia bianca e la cravatta a righe, col nodo scappino. Era bello Lello con i suoi capelli biondi dal ciuffo arricciato a onda marina, con gli occhi celesti, il viso magro e sano, aperto al sorriso. Lo annunciava la colonia Adam quando per le scale saliva con passo sicuro, di ritorno da un’avventura galante.
Era bello Lello, mio fratello, il più grande di noi, un modello per tutti, anche per gli amici che subivano il fascino della sua intelligenza, che lo cercavano per vantarsi della sua compagnia. Era bello Lello quando nelle mattine delle domeniche d’estate indossava la divisa da calciatore e veniva con noi che formavamo una squadra a giocare su un campetto affacciato sul mare.
Io facevo coppia con lui; eravamo terzini, lui sinistro, io destro e mi sentivo importante per riflesso, era lui la stella, era lui a brillare, come dicevano i suoi professori, di luce propria, vivida e chiara.
Io voglio ricordarlo così, senza le meschinità della vita, degli anni che passano veloci lasciando segni indelebili sul volto, sulle mani, sugli occhi che divengono sempre più tristi, sino a spegnersi e confondersi col cielo che diventa ogni secondo più vicino; sino a confondersi e a divenire parte del nulla. Io lo ricordo giovane e forte, indistruttibile e orgoglioso, allegro e spensierato e non voglio dimenticarlo.-

sabato 7 giugno 2008

Poesie per caso

Il monello

Ouzo è un monello:
mi tira, mi salta addosso,
mordicchia il guinzaglio
che ho pagato fior di quattrini,
spaventa i bambini,
abbaia ai suoi simili,
pronto a sbranarli.
Ma è dolce il mio Ouzo:
mi è sempre vicino,
mi lecca le ferite
che mi procura la vita.


Al mio amico Ouzo



Non so se sei stato felice con me; io lo ero con te.
Ero felice senza saperlo, come accade sempre, senza che mi rendessi veramente conto di quanto fossi importante per me.
Sei stato il mio compagno, il mio amico, il mio amico più caro, se non il mio bambino, il mio monello.
Eravamo uguali e lo sapevamo: irriflessivi, istintivi, a testa bassa, orgogliosi della propria forza, tu generoso, io forse, non tanto.
Abbiamo amato senza riserve le persone che ci hanno voluto bene; abbiamo ignorato con superiorità quelli che non ci ricambiavano.
Ora non ci sei più ed io mi sento solo.
Ti cerco, ti chiamo ma tu non puoi rispondermi, perché se potessi correresti subito da me.
Mi mancano il tuo vocione, i tuoi occhi espressivi, lampeggianti e dolci, la tua testa grande e imponente, il tuo carattere vivace e forte, la tua dedizione, il tuo amore.
Ouzo mio, amico mio, mi manchi.
Al mattino mi sveglio e non so che fare.
Prima ero con te.
Mi svegliavi col tuo musetto umido, mi invitavi ad alzarmi ed io ti dicevo di andare di là, a riposare un altro po’ e tu, ubbidiente, eseguivi.
E’ trascorsa una settimana da quando abbiamo fatto l’ultima passeggiata insieme.
Ora passeggio per casa, senza che tu mi venga dietro.
L’altra sera, dopo aver spento la televisione ti ho sentito sbuffare, come facevi quando capivi che era ora di andare a letto, era ora di separarci sino al mattino successivo: ti ho chiamato, ti ho cercato, ma non c’eri.
Io vorrei incontrarti ancora; non so in quale forma, ma vorrei riconoscerti per carezzarti ancora, per baciare la tua testa grande, come ho fatto l’ultima volta, quando ho deciso il tuo destino.
Perdonami, amico mio!
Ancora oggi non so se ho deciso per il tuo bene, per il mio.So, però, che, se potessi, tornerei indietro, per egoismo forse, ma certamente per amore.