martedì 1 dicembre 2009

Cose che capitano

COSE CHE CAPITANO

Beato chi può!
Io non può, evidentemente.
Cavolo, ero lì a lavorare con Porzia e Del Cozo l’Africano, quando entrò in vicepresidenza Fallonio, o come fallo si chiama, il nuovo collega di Fisica, con aria dispiaciuta, anzi imbronciata.
Era infagottato in un cappotto marrone, non so se di capra o di bisonte, la barba appena accennata sul volto e gli occhi bassi, come lui, del resto. Mi pareva Brunetta casual.
– Piccolo, che ti succede? – gli chiese Porzia, tutta materna.
Fallonio la guardò, poi spostò lo sguardo su Del Cozo e me, senza parlare.
Porzia ripeté: – Piccolo, c’è qualcosa che non va, guai in famiglia, la mamma non sta bene, il piccolo del piccolo è ammalato?
Fallonio si prese una pausa di riflessione.
Noi eravamo in ansia per lui.
Ehi, piccolo, parla, sei tra amici.
– Questa è una grande famiglia, – incalzò Del Cozo, – sii franco!
Franco Carbonchio si affacciò nella stanza: se è per una supplenza, oggi non posso; devo fare l’evacuazione.
– Evacua pure, – intervenni, – come ha detto Saverio, questa è una grande famiglia, patriarcale, anzi; un po’ d’olio di ricino non si nega a nessuno.
Franco, da quando si è rifatto gli occhi, è diventato birichino. Dice che vede tutto sotto altra luce e che non è disposto a fare il tappabuchi, ora che i buchi degli occhi glieli hanno allargati.
Mi guardò in tralice e poi, con quell’affetto che traspare dal suo volto ogni volta che teme che qualcuno lo voglia gabbare, mi mandò affanculo: sempre voglia di scherzare, mi disse poi, passandosi una mano sulla pelata nel vano tentativo di mandare indietro capelli che non ha mai avuto.
Porzia lo rassicurò: – Non devi tappare nulla, parlavamo con Fallonio.
– Come si chiama?
Fallonio venne fuori dalla trance e borbottò qualcosa come «Eduardo Fallonio» o, almeno, così volemmo sentire.
Poi ingrugnì: – Non ti piace?
– Per carità, – sbottò Franco, – abbiamo i colleghi Budellazzi, Cazzolla e Pompilio… cosa vuoi che ci faccia un Fallonio in più!
Il collega di Fisica ricadde in trance.
– Piccolo, Franco scherza. Come ti ho detto, questa è una famiglia.
Un rosato non si nega a nessuno.
In effetti, Concetta era sulla soglia, non che aspettasse che le si desse il permesso di entrare, ma per questioni di spazio. La vicepresidenza, infatti, è un bugigattolo piccolo, stretto e con intonaco gonfiato per le infiltrazioni che provengono dal bagno di servizio attiguo, ma climatizzato. Come dicevo, la Rosato confortò il nuovo acquisto assicurandogli che Franco è come Gorbaciov, sembra cattivo, ma è un pezzo di pane, un po’ rancido, ma sempre pane è.
Eduardo si riscosse per la seconda volta e ci disse che voleva un po’ di privacy.
La privacy non si nega manco al peggior nemico, perciò pregammo Franco e Concetta di lasciare che il nuovo assunto si confessasse con la sola triade, cioè Porzia, Saverio e io.
Non appena soli, Eduardo aprì il suo caier de lagnance.
Ci disse, il fisico, che la sua situazione era drammatica, unica e non assimilabile ad alcun’altra.
Lo esortammo e preparammo i nostri scottex.
Il poverino ci confessò di abitare in una grande villa nella foresta in cui svettava un solo albero, un banano. L’ unico mezzo di trasporto, sino alla prima carrabile, erano le liane. Per tanto, sin quando smetteva l’habitus tarzaniano, metteva a cuccia Cita, rimpinzava di banane il gorilla guardiano, rassicurava la moglie e distribuiva lecca lecca ai bambini, si facevano le 21 serotine. Ciò rendeva impossibile la sua presenza ai collegi e ai consigli di classe che inopinatamente il preside, senza chiedere un suo autorevole parere, destinava dalle 17.00 in poi. Quindi, data l’illogicità delle decisioni dirigenziali, egli, l’Eduardo, si sentiva in dovere di sottolineare il comportamento irresponsabile del capo d’Istituto, ne chiedeva l’immediata destituzione e si dichiarava disponibile a sostituirlo.
Brunetta Secondo terminò il pistolotto tra le nostre lacrime che gocciolavano dagli scottex ormai inservibili.
Mi asciugai le lacrime e pensai che anche io possedevo una foresta con un albero quasi in fin di vita, ma la villa , quella, cazzo, no!
Guardai Saverio e capii che eravamo sulla stessa scia di pensiero. Lui, infatti, se è pur vero che la villa ce l’ha, ha però perso da tempo foresta e albero!
Ci consultammo con Porzia.
La nostra è una triade di pensiero e di azione, come Mazzone, cioè Mazzini, e decidemmo: l’ammutinamento sarebbe stato più feroce di quello del Baunty.
Congedammo il gerarca al grido di Eia, Eia mio capitano!
Fallonio ha ricevuto una riservata personale con tanto di timbro della Repubblica Italiana.

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